
Tra gli addetti ai lavori e i critici di settore, pare che il premio Oscar come miglior film del 2021 sia stato assegnato per “politically correct”. Ma è tutto vero? Analizziamo il contesto.
I cliché sembrano essere i suoi punti di forza, inserendo tutti gli elementi fatti apposta per piacere al pubblico: la parità dei sessi, le diversità sociali, e la voglia di essere liberi (che in questo periodo ne abbiamo capito l’importanza, dopo più di un anno passato in condizioni estreme per via di questa pandemia globale) e i politically correct ne vanno a nozze. Ma forse però non è tutto vero. Forse c’è qualcosa di più profondo nella scelta della Academy.
Non esiste la possibilità di mettere daccordo tutti quando si tratta di premi. Ancor meno quando la notte degli Oscar indetta dall’Academy, assegna i suoi premi sparsi per sezione; ma ancora di più quando si parla del premio a “miglior film dell’anno”.
Battaglia tra grandi
Bisogna tener conto che ogni anno è un caso a se: immaginatevi Titanic (premiato nel 1998), che si scontra nello stesso anno con Il Gladiatore (2021), Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re (2004) e in questo caso Nomadland, il vincitore di quest’anno. A parte che non saprei a chi assegnare la statuetta in questo caso, ma ancor meno la darei a Nomadland sicuramente.
Attenzione! Il film merita assolutamente la visione almeno una volta (e in una condizione specificatamente “isolata”), ma nessuno potrebbe mai fermare Il Ritorno del Re, intento ad avanzare per tornare al suo regno, o superare la storia d’amore tra Jack e Rose, o il coraggio di un Gladiatore che fronteggia il suo sovrano tiranno. Però c’è un “contesto” in cui, Nomadland potrebbe battere anche concorrenti simili… ma come disse Aragorn stesso, “ma non è questo il giorno”.
La scelta però sarebbe di indubbia personale preferenza, in base non solo al meritato e indiscusso giudizio in cui “il miglior film dell’anno” vince perché è il film che meglio di tutti ha espresso le altre categorie in gara: miglior regia, miglior attore/attrice, miglior sceneggiatura, miglior sonoro, migliore scenografia, migliore fotografia, miglior montaggio, miglior colonna sonora, miglior costume e miglior trucco, ma anche per scelte personali dettate da ciò che più ci piace. In uno specifico caso tecnico allora sarebbe certa la vittoria per Titanic che in quell’anno vinse quasi “tutto”, ma per quanto si può essere imparziali, la vita ci declina anche le scelte che facciamo, in maniera automatica.
La vita è sempre un punto di vista
Mi spiego meglio; sempre trovandosi davanti ad un ipotesi di scegliere questi film tra i vincitori per il “miglior film”, un appassionato di storia, o chi in famiglia ha qualcuno che insegna la materia o anche solo fosse stata la materia preferita degli anni scolastici, vedresti ne “Il Gladiatore” il vincitore indiscusso.
Se il padre lo addormentava leggendoti Il Silmarillion, o Lo Hobbit e poi si è appassionato al Signore degli Anelli da adolescente leggendo il libro in 2 settimane, è indiscutibile che per quanto lui voglia essere un giudice imparziale, qualsiasi cosa avessero di buono gli altri film, questo ai tuoi occhi li surclasserebbe (eh no? vorrei ben vedere!)
Lo stesso discorso… se il giudice in questione, fosse appassionato alla storia del Titanic, o addirittura conoscesse qualcuno che è parente di chi ne è scampato alla tragedia e ne ha sentito la storia raccontata quasi in prima persona, beh quella tragedia diverrebbe “la sua” e non ci sarebbe storia migliore raccontata di questa.
Nomadland esce in un “epoca” in cui volenti o nolenti siamo stati molto isolati, molto soli per alcuni. È da più di un anno che viviamo in condizioni in cui nessuno pensasse mai fosse possibile. Non abbiamo la possibilità di spostarci, di andare a trovare amici e parenti, qualcuno ha perso il lavoro e qualcuno ne ha fin troppo.
La storia
La solitudine in questo film è palpabile ed è presente come se fosse non un oggetto di scena, ma come personaggio secondario.
Questo film parla di una donna “Fern”, che dopo la perdita del marito e del lavoro fa una scelta, quella di vivere da nomade. I suoi spostamenti sono scelti prevalentemente in base a dove trova da lavorare per permettersi il proprio sostentamento, facendo i lavori più disparati. Durante questi viaggi incontra gente come lei, che vive nei furgoni o nei camper e si sposta in base alle proprie esigenze, accampandosi dove possono. Ognuno ha una propria storia da raccontare, qualcuno lo fa per scelta, qualcun’altro perchè non ha trovato altre alternative.
In un contesto come quello di oggi, dove siamo costretti a doverci chiudere in casa, fa sembrare la scelta di Fern quasi una prova di forza. Lei infatti avrebbe l’opportunità di un altro stile di vita, ma lo rifiuta, perchè preferisce essere “libera”. Allora potremmo valutare un film come questo, meritevole del premio Oscar come “miglior film”. (È questo il giorno).
Però c’è da analizzare anche le altre “sezioni” prima di votarlo a “miglior film”. Considerando che, di quelli in lizza io abbia visto solo questo e “Il processo ai Chicago 7”, non posso valutare se gli altri superavano Nomadland, ma voglio dare un parere personale e tirare le dovute somme (dando anche un voto) per valutarne il merito finale.
Miglior attore
Non ho visto il film con Anthony Hopkins (The father), ma non dubito assolutamente che qualcuno possa meritare mai un Oscar meglio di lui (e comunque in Nomadland non c’erano personaggi maschili principali).
Frances McDormand ha vinto come miglior attrice proprio per Nomadland e merita davvero il premio assegnatole. Per chi lo fa di mestiere non è molto difficile saper piangere o ridere. Tutt’altra cosa è invece quando; la paura, lo sconforto, l’indecisione e le scelte non devi esprimerle a parole, perchè in questo film non si parla molto. Frances mostra gli stati d’animo di Fern attraverso il linguaggio del corpo: la sua postura, le smorfie, gli sguardi, i gesti e tutto questo è veramente ben evidenziato allo spettatore, che sente quello che lei ha dentro di se, senza che lo debba esternare con le parole.
La scena che più mi ha colpito, “nella sua recitazione”, è quella dove lei accetta di ballare con un uomo, ma si vede la sua postura goffa e indecisa a seguirlo, proprio perchè lei stessa non si sente sicura di quello che stava facendo. VOTO 9 (e qui merita davvero l’Oscar).
Miglior regia
Come detto prima, la regia vuole evidenziare proprio il linguaggio del corpo della protagonista, perchè la vera storia è tutta nel personaggio. La trama segue lei, non è Fern a seguire la storia. In una scena “statica”, Fern si dirige da un lato, uscendo così dall’inquadratura, dopo un momento triste in cui lei sembra avere un ripensamento riguardo ad una cosa da fare oppure no, lasciando allo spettatore per un attimo, il dubbio di lei che torna indietro.
Quello che però non mi è piaciuto è stato il modo in cui lei si sposta, o meglio quello che noi vediamo. I suoi “cambi di residenza” sono troppo repentini e a volte senza un motivo che ne spiega la causa del perchè e ne del dove.
Prima era accampata assieme a tanti altri, poi te la trovi accampata sola, poi di nuovo con quelli ad inizio film, poi con quelli a metà film. Prima c’era della neve, il giorno dopo alla fine di un breve viaggio, non c’è più neve e quindi non hai una cronologia esatta degli spostamenti. Sai solo che si è spostata. VOTO 7
Miglior sceneggiatura (non originale, visto che si basa su di un libro)
La sceneggiatura è della stessa Regista premio Oscar Chloé Zhao ma si basa sul libro di Jessica Bruder, ma come ho già detto, forse è stato tagliato troppo dal libro e mi sarei aspettato una maggiore coerenza su ogni spostamento di Fern.
La storia comunque è bella, ma questo è un film di un certo spessore e si può apprezzare a pieno se si guarda in solitudine o comunque con persone che non parlano tra una scena e l’altra. Sennò si perderebbe il “cuore” della sensazione di un nomade.
Rimane interessante da vedere ma non ti fa mai togliere il fiato o sorprendere. Tranne che alla fine, perchè ti aspetti comunque che ci sia ancora qualcosa da vedere. VOTO 6
Migliore fotografia
Un titolo come questo aveva il potenziale per vincere questa categoria. Se non ci è riuscito è perché il fotografo non ha colto l’essenza di ciò che il nomade rappresenta. Spesso le scene sono troppo strette, ma lei abita in grandi spazi aperti e immersa nella natura. Questo il fotografo non lo ha mai evidenziato appieno. Lo stesso Parco delle Badlands poteva essere visto con altri “colori”, che avrebbero lasciato a bocca aperta, specie su schermi 4K HDR. A volte quello che era bello far vedere, veniva usato come sfondo sfocato. Voto 4
Miglior montaggio
Non ho ben capito se i “tagli” tra uno spostamento all’altro è dovuto ad una cattiva regia o ad un cattivo montaggio. Comunque l’una non esclude l’altra. Il regista è quello che visiona e approva tutto. Il montatore si sarebbe dovuto accorgere di queste mancanze, tanto da non far rimanere legate una scena a quella successiva.
Mi sono piaciute però gli stacchi tra una scena e l’altra, spesso rimanendo focalizzate su Fern anche in momenti differenti della giornata. Voto 6
Miglior Scenografia, costumi e trucco
La scenografia è precisa e adeguata. Parla dei nomadi e si vede la vita dei nomadi. Quello che vediamo è quello che ci si aspetta in un contesto simile, quindi ottime le scelte stilistiche dello scenografo. Stesso identico discorso per costumi e trucco (quindi nella incuria dei personaggi), è stato fatto davvero un lavoro molto realistico e si vede. VOTO 8 (a tutte e tre le categorie).
Miglior sonoro e colonna sonora
Qui andrei a prendere a calci quelli della Academy che a quanto pare non capiscono una “cippa” di musica o forse sono sordi… o forse Ludovico Einaudi sarebbe stato troppo anche per loro. Il compositore di cui noi andiamo fieri non solo ha scritto la colonna sonora di Nomadland ma anche di The Father. In nessuno dei due casi ha ricevuto la nomination tra i possibili vincitori.
In Nomadland le musiche soavi, splendide e ricche di dettagli, accompagnano molte delle scene, che, essendo un film con molti momenti di silenzio, rende quindi la colonna sonora il “co-protagonista” della pellicola.
Di contro (ma non è una colpa del maestro), devo dire che il sonoro è davvero piatto, mancando di dinamica e non è così che concepisce le sue musiche Ludovico Einaudi. In alcuni momenti la musica rimane di sottofondo, quando dovrebbe aumentare di volume, in un crescendo esponenziale in Divenire che va di pari passo alle note di Einaudi, come solo lui sa fare in molte delle sue opere. VOTO 9 alla colonna sonora e VOTO 4 per il sonoro, (il tecnico dell’audio è stato incapace come il fotografo, di cogliere il “cuore” della musica).
Verdetto finale… 69
Su un totale di 10 categorie dove 10 è il massimo del voto, il totale massimale sarebbe di 100. Il punteggio qui si ferma a 69, se si considera 50 come la metà (e quindi un banale 5), a Nomadland gli viene dato un 7 “regalato”.
È un film che ha colpito comunque in una maniera interessante da vedere, una cosa di cui adesso noi tutti abbiamo paura. La perdità della libertà.
Che sia voluto o no non importa, non è di certo politically correct ma solo furbizia.
Se lo paragoniamo ai film che ho descritto prima, questo sparisce, ma ha il suo senso, specialmente in questo periodo. Forse è per questo che l’Academy lo ha votato e io non posso darle torto quindi. Però non è assolutamente un film a cui darei più di un 7 dopotutto.
Se riprendiamo i singoli elementi, dove l’attrice premio Oscar rende davvero giustizia al premio come “miglior film”, dall’altra, la regia non sembra fare altrettanto. Le capacità della regia sono state sullo stile tecnico della pellicola, ma non è stata capace di rendere tutte le scene ben legate l’una a l’altra, facendo sembrare a volte, di perdere un pò il filo del discorso.
Quindi benissimo il premio Oscar al film, ma non alla regia. Qui forse c’è stata un pò di politically correct, per dare più importanza alle donne. Ma non posso esprimermi senza aver visto gli altri film, però posso dire che come regia, il film Il processo ai Chicago 7 mi è piaciuto molto di più, ma sempre tornando al discorso di prima, molto dipende dalla vita di ognuno di noi e da quello che non solo ci piace… ma che ci colpisce dentro.
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