Silent Hill, storia di un horror psicologico

Prima dell’uscita di Silent Hill, il genere survival horror metteva il videogiocatore nei panni di un personaggio sempre preparato e sufficientemente armato per fronteggiare le situazioni alle quali è sottoposto. Konami decise di contrastare il successo di Resident Evil addentrandosi nell’aspetto psicologico dell’orrore.

Aria di cambiamento

Fino al 1999 i giochi horror attingevano a piene mani dal cinema b-movie e la serie di Capcom, Resident Evil era sicuramente il massimo esponente del genere soppiantando e oscurando la serie Alone in the Dark. Nonostante altri temi fossero stati toccati con ad esempio il primo Clock Tower, fu Konami con il suo Silent Hill, sviluppato dal Team Silent a stravolgere le carte in tavola. Nel gioco infatti non si vestiranno i panni di un militare addestrato o di un investigatore privato ben conscio dei pericoli ai quali andrà incontro, ma si impersonerà un uomo normale con problemi normali e soprattutto con nessuna abilità nell’uso delle armi.

Psicologia e paura, genesi di un capolavoro

Il team di sviluppo decise di intraprendere una strada distante da Capcom decidendo di spaventare il giocatore dal profilo psicologico e non con una pletora di jump scare disseminati qua e là per il gioco. Dalle musiche di Akira Yamaoka al design delle inquietanti deformità che abitano l’ambiente della cittadina silenziosa, passando per le atmosfere da brivido, Konami riuscì nell’intento di spaventare milioni di giovani giocatori in un modo diverso da Resident Evil, in modo da risvegliare l’ancestrale paura dell’ignoto e del buio che è insita in ognuno di noi. Le fonti di ispirazione per l’opera del Team Silent sono molteplici, dagli scritti di autori come Dean Koonts o Edgar Allan Poe al cinema e specialmente un film in particolare, Jacob’s Ladder (Allucinazione Perversa in Italia).

Il film del 1990 diretto da Adrian Lyne e interpretato da Tim Robbins fornisce materiale in abbondanza per il gioco di Konami, dal design di alcune creature (soprattutto nel secondo capitolo della serie) all’otherworld. L’otherworld, ovvero la realtà alternativa che Harry si troverà a visitare è attinto a piene mani dal film in questione, sia per la malsana atmosfera arrugginita, sia per la disturbante presenza di elementi scenici che non dovrebbero trovarsi in determinati ambienti, come ad esempio sedie a rotelle o grosse ventole.

Una trama fitta di misteri

Il plot narrativo di Silent Hill è tanto semplice all’inizio quanto stratificato con il procedere del tempo. Harry e la sua figlia adottiva Cheryl hanno un incidente automobilistico nei pressi della cittadina mineraria di Silent Hill. Al risveglio di Harry si scopre che la bambina non si trova più nell’auto e il nostro protagonista si precipita subito fuori per cercarla, trovando sempre più indizi su ciò che si nasconde dietro all’apparente calma della cittadina. Senza addentrarci troppo nelle vicende del gioco, si scopre che Cheryl non è altro che la parte benevola di Alessa Gillespie, abitante del luogo designata come “madre” di una divinità di un culto a cui gli abitanti sono devoti. Il nostro compito sarà quello di impedire la nascita del dio e quindi la distruzione di ciò che ci circonda nonché l’avvento della realtà alternativa come unica realtà esistente.

Eredità culturale

Il primo Silent Hill segnò davvero una svolta e negli anni è diventato davvero uno status symbol con all’attivo un nutrito numero di capitoli che vanno ad arricchire un immaginario nel quale si scopre che ogni episodio è legato a doppio filo alle vicende che fanno da sfondo alla cittadina immaginaria del midwest americano. Non tutti i capitoli della serie sono degni di nota, come i dimenticabili Book of Memories (uscito per PsVita) o Homecoming e Downpour. Il giudizio è unanime nel definire i primi 4 capitoli i migliori del franchise ai quali personalmente aggiungo Origins (che amplia quanto visto nel primo episodio) e Shattered Memories, quel “remake” del titolo del 1999 nel quale le meccaniche di gioco vengono stravolte totalmente e i combattimenti vengono sostituiti da sezioni nelle quali bisogna solo scappare per sopravvivere. Il futuro della ip di Konami però risulta davvero incerto, se non ormai inesistente. Dopo quel teaser noto con il nome di P.T. sviluppato da Hideo Kojima in collaborazione con Guillermo Del Toro e Norman Reedus (che poi troveremo in Death Stranding), Konami non sembra particolarmente interessata allo sviluppo di un nuovo capitolo di una delle saghe videoludiche più amate dal pubblico. Nonostante i numerosi rumors che si susseguono da anni, ultimi, quelli legati ad Abandoned (poi smentiti) e legati a nuovi tweet dello stesso Kojima con immagini e loghi che rimandano a Silent Hill, sembra allo stato attuale improbabile aspettarsi un nuovo capitolo almeno nel breve periodo. Sperando che Konami torni sui suoi passi e riesumi la serie, è sempre entusiasmante rigiocare quei giochi che hanno reso grande il franchise e che hanno spaventato tutti noi in modi che non potevamo immaginare.

Conclusione

Silent Hill è una pietra miliare dei videogames e a distanza di 22 anni resta un titolo sempre attuale nonostante sia visivamente invecchiato male rispetto a molti altri giochi degli stessi anni, a causa anche della grafica in 3d che risulta spigolosa e poco dettagliata su tv di ultima generazione. Ciò nonostante riesce sempre ad evocare le sensazioni di angoscia e terrore che provammo nel 1999. Se non avete mai giocato questa perla, vi consiglio di recuperarla quanto prima insieme ai successivi 3 capitoli per lasciarvi ammaliare dalle atmosfere malsane di Silent Hill

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Luca Maggi

Nerd dal 1989 quando mi venne regalato il Commodore 64. Amante dei gdr e dei survival horror nonché fanboy dei fumetti Marvel e accanito amante dell'heavy metal anni 80. Nel tempo libero chitarrista di una band milanese chiamata Axeblade.

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